BIOGRAFIA

Appassionato di musica sin da piccolo, mi sono ritrovato nei sottopalchi di centinaia di concerti. Da grafico editoriale, semplice spettatore, a fotografo professionista. Quasi per caso. Prima in piccoli concerti di amici e gruppi della scena indipendente fiorentina e toscana, piccoli club, festival minuscoli, quasi sagre di paese, fino agli eventi più importanti a livello nazionale in grandi arene, palasport e stadi. La cosa che non è mai cambiata è il mio modo di guardare coloro che sono sul palco: può essere la più importante rock star del momento o la band che calca le tavole del palco per la prima volta, per me sono la stessa cosa e li tratto allo stesso modo, cercando di scoprire, mentre si esibiscono, la loro essenza. I miei punti di riferimento, sin da piccolo, sono stati Armando Gallo, fotografo dei Genesis, del quale ho consumato i libri a forza di sfogliarli e guadarli; Guido Harari, le sue foto su Rockstar le osservavo con incredibile attenzione, e poi Kevin Cummins e Anton Corbijn, con i loro bianchi e neri hanno raccontato la storia della musica inglese dagli anni ‘80 in poi. Grazie ad una fortunata combinazione, dopo un paio d’anni di attività, sono diventato fotografo di Rolling Stone Italia, prima del cambio editoriale, e poi di Classic Rock Italia, testata con la quale tutt’ora collaboro.

 

 

 

 

 

 

 

La fotografia ha acquisito sempre maggiore importanza nella mia professione di grafico e mi ha portato a fotografare anche eventi non solo legati alla musica: arte, eventi sociali, politici e culturali, che ho iniziato a realizzare sempre con lo stesso approccio “musicale”.
Dopo alcuni anni di attività ed un corposo archivio di fotografie scattate, non solo a concerti, ma anche durante incontri, interviste, presentazioni, conferenze stampa, ho deciso di fare la mia prima mostra fotografica, un progetto in costante divenire, un never ending project, “Ritratti senza posa”: una serie di ritratti a personaggi del mondo della musica, dello spettacolo e della cultura nel senso più ampio possibile, scattati non mettendo in posa il soggetto, ma seguendo le sue espressioni, il suo volto, le sue posture.

Mi fermo spesso a osservare il pubblico degli eventi che fotografo e da questo osservare è nato il mio secondo progetto, dal titolo “There is a Light That Never Goes Out”, preso in prestito da una canzone dei The Smiths. Anche in questo caso sono ritratti, ma di volti e figure illuminate da piccole sorgenti luminose, come i loro smartphone, computer o accendini. L’idea è che durante uno spettacolo o evento che sia, con il pubblico immerso nel buio della sala, se ci si guarda intorno c’è sempre e comunque una luce, piccola, puntiforme, che illumina il volto delle persone, distratte da quello che sta accadendo sul palco.

Dopo dieci anni di attività, sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, mi piacerebbe incontrare altre realtà da fotografare, scrittori, attori, sempre e comunque senza posa.

Antonio Viscido